Francesco Eustachi e la Cascina di Caselle Lomellina
I QUADERNI DELLA SOCIETÀ STORICA VIGEVANESE
Numero 2
Caterina Zorzoli
A partire dal nono decennio del XV secolo, nelle campagne delle più importanti città del Ducato sforzesco la tipologia abitativa della villa si mostra con caratteri architettonici nuovi rispetto a quelli delle precedenti residenze. I membri dei ceti emergenti mercantili e finanziari, i milites e gli ecclesiastici iniziano a costruire delle dimore per i propri soggiorni in campagna: queste dimore, che non sono mai disgiunte dalla realtà della conduzione agraria, differiscono dagli edifici medievali soprattutto per la qualità edilizia e per il grado di rappresentatività dello stato sociale del proprietario, espresso attraverso l’architettura e la decorazione dei prospetti esterni così come degli ambienti interni.
Nelle campagne della bassa lombarda, in particolare, si sviluppano due varianti per questa forma elitaria di insediamento, come suggerisce Luisa Giordano: una tipologia più arcaica “caratterizzata dal mantenimento di caratteri di stile tardo gotici, come le finestre acute e i davanzali su decorazione fittile ad archetti”, in cui “il piano residenziale importante è il primo e lo si distingue per l’ampiezza e la forma delle finestre”; un’altra più evoluta che “presenta sviluppo omogeneo dei due piani fuori terra” e in cui “le finestre non differiscono alle varie quote. […] Tutte dispongono le stanze per la residenza della famiglia al piano terra favorendo così il contatto con l’ambiente esterno” (1).
fig. 1 |
Domus di Francesco Eustachi, veduta da nord-ovest. |
Gli Eustachi iniziano a distinguersi in area pavese a partire dalla seconda metà del Trecento, procedendo sistematicamente all’ampliamento del proprio impero commerciale e politico: con Pasino (1360-1445) la famiglia non è più conosciuta esclusivamente per la grande fortuna e competenza nell’ambito imprenditoriale ma inizia ad emergere in ambito politico, assumendo il comando delle flotte ducali.
La carica di Capitano del Naviglio, affidata a Pasino da Gian Galeazzo Visconti (1351-1402), è solo il punto di inizio per un sempre più intenso coinvolgimento degli Eustachi nelle vicende politiche del ducato di Milano, culminante nella figura di Filippo (1409-1495): castellano di Porta Giovia, protettore del giovane Gian Galeazzo Sforza e, con Gianfrancesco Pallavicino e Ludovico Maria Sforza, membro del triumvirato che di fatto governava il ducato milanese.
In cinquanta anni la dinastia pavese accumula una sostanza enorme e, espandendo i propri interessi in tutti i campi della vita economica cittadina, essa si presenta come una famiglia composta da mercanti attivi anche in numerose attività finanziarie, agricole, manifatturiere, immobiliari e di trasporti. Antonio Eustachi(1380 ca-1464) prosegue la via tracciata dal padre e, utilizzando i grandi capitali fornitigli da Pasino, accresce il patrimonio fondiario della famiglia acquistando terreni nel Siccomario, nel Cremonese, nell’Oltrepò e nel Vigevanasco (2).
Gli acquisti fondiari degli Eustachi non furono mai casuali. Galeazzo Maria Sforza mostrò sempre una predilezione per i territori della Lomellina, in particolare per le località di Vigevano, Villanova e Galliate in cui fece costruire delle residenze in cui soggiornare durante la stagione della caccia. In particolare, a Villanova possedeva un castello con parco annesso per il quale aveva piani ambiziosi, ma morì prima di poterli realizzare (3).
Tra i beni fondiari acquistati da Antonio Eustachi risulta una proprietà vicina a Villanova, la Cascina Caselle che, dopo la spartizione tra i figli del 30 settembre 1475, spetta al terzogenito Francesco.
fig. 2 |
Stemma della famiglia Eustachi e insegne del protonotariato apostolico. |
Il cascinale di Caselle Lomellina, posto alla fine di un leggero dislivello lungo la strada che collega le località di Zerbolò e di Villanova d’Ardenghi, è oggi un complesso abitativo con schema a L tagliato perpendicolarmente da una strada campestre.
Nell’angolo sud-orientale del moderno aggregato, composto da varie abitazioni e dalle strutture pertinenti all’azienda agricola di proprietà della famiglia Mazzocchi, ancora oggi si trova il corpo di fabbrica identificabile con la dimora costruita per volere di Francesco Eustachi.
La storiografia ha sempre indicato il 1481 come post quem per l’inizio della costruzione dell’abitazione di Francesco in quanto, ottenendo la carica di protonotario apostolico, le nuove disponibilità finanziarie gli consentirono di intraprendere questa impresa; la presenza sulle volte affrescate dello stemma degli Eustachi, sormontato dalle insegne del protonotariato apostolico, sarebbe un’ulteriore conferma per tale supposizione (4).
Il 12 luglio 1486 Francesco Eustachi redige il proprio testamento e il fratello Filippo eredita la residenza di Caselle, ma si legge che è obbligato a terminare la costruzione della dimora. Poiché nel documento non è specificato il tipo di lavori da concludersi, non possiamo avere l’assoluta certezza che quanto vediamo oggi corrisponde effettivamente ad un ipotetico progetto originario. Quando Filippo Eustachi eredita l’edificio di Caselle, egli è impegnato economicamente nella costruzione del palazzo milanese in porta Vercellina, attribuito a Donato Bramante (5), ed è quindi plausibile supporre che non ha investito somme ingenti nella conclusione della casa del fratello defunto.
L’edificio superstite, adibito a magazzino dei proprietari, ha un orientamento nord-ovest/sud-est e si sviluppa su tre livelli, ognuno dei quali si divide in un più piccolo spazio di forma quadrata e in uno più ampio di forma rettangolare.
L’ampia decorazione a fresco delle stanze al pianterreno sarebbe da collocarsi tra il 1481 e il 1487: l’anno in cui Francesco Eustachi ottiene la carica di protonotario apostolico, le cui insegne distintive si trovano in entrambi gli ambienti, e l’anno della sua morte.
Le modanature architettoniche dipinte dividono la volta della prima sala in quattro spicchi e ogni sezione contiene un oculo prospetticamente coordinato al tondo centrale. Nonostante l’assenza delle architetture dipinte, la seconda sala presenta il medesimo impianto decorativo in cui due oculi sono prospetticamente scorciati all’oculo posto al centro della volta.
fig. 3 |
Volta del primo ambiente a pianterreno. |
L’oculo prospetticamente scorciato che si trova al centro della volta mostra al suo interno lo stemma della famiglia Eustachi sormontato dalle insegne distintive del protonotariato apostolico: uno scudo a testa di cavallo, il quale pare librarsi al centro di uno spazio aperto; lo scudo, sormontato da un galero nero a trentadue nappe, è diviso in tre fasce: la prima, a sfondo giallo, con aquila nera dalle ali spiegate; la seconda, a sfondo rosso, con bianco leone rampante; la terza, a sfondo bianco, accompagnata da tre stelle rosse. Gli altri quattro tondi, prospetticamente coordinati a quello posto al centro della volta, sono caratterizzati da iscrizioni che corrono all’interno delle cornici e contengono le figure di draghi cavalcati da putti musicanti.
[Casella di testo: Figura 5. Volta del secondo ambiente al pianterreno] Il senso di queste iscrizioni, per buona parte illeggibili, è ancora oggi oscuro sebbene il tema dominante sembrerebbe essere un inno alla virtus. Francesco Eustachi era un uomo erudito, con una biblioteca ricca di classici della letteratura latina e cristiana, per cui non sarebbe da escludere che sia stato proprio lui a suggerire il programma iconografico per la decorazione della propria dimora.
fig. 4 |
Drago cavalcato da un putto che suona il liuto. |
Sulla volta del vano adiacente, in corrispondenza delle tre unghie centrali della volta, compaiono due oculi prospetticamente coordinati a uno centrale. La decorazione a fresco di questo ambiente risulta diversa da quella della stanza contigua sia per la mancanza di modanature architettoniche sia per le cornici che, sebbene prive di iscrizioni, sono impreziosite da una fascia di perline.
Il tondo posto al centro della volta anche in questa stanza è occupato dalle insegne del protonotariato apostolico e dallo stemma degli Eustachi; gli oculi posti accanto ad esso ospitano invece delle creature non più in pacifica coesistenza: il pargolo serenamente seduto sul dorso del drago è scomparso e al suo posto troviamo un giovane uomo, con occhi e bocca spalancati in un urlo disperato, saldamente aggrappato al collo della figura mostruosa.
In merito alle figure a cavallo dei draghi vi è da fare una distinzione tra quelli della prima stanza e quelli della seconda: l’incarnato diafano e morbido dei primi putti contrasta con l’incarnato di differente sensibilità cromatica dei giovani uomini presenti nella seconda stanza, ragione per cui la critica ha sempre parlato di un maestro al lavoro nella prima stanza che non sarebbe da identificare con quello attivo nella seconda. Sorge però un dubbio sull’ordine cronologico con cui sono state affrescate le due stanze e sull’identificazione dei due maestri all’opera in questi ambienti. Sull’identificazione di questi due artisti, Nadia Righi afferma che il pittore citato nel testamento e che compare in altri documenti di fine XV secolo, Gabriele da Cassano, può essere l’autore dei tondi presenti nella seconda stanza ma non delle pitture del primo ambiente che sarebbero invece da attribuire al più noto Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone. Tale attribuzione è stata in seguito ribadita anche da Luigia Torti e da Mauro Natale, mentre Pietro Cesare Marani ha preferito sospendere il proprio giudizio, in attesa di ulteriori indagini (6).
In merito all’impianto decorativo adottato nella stanza quadrata a pianterreno, esso è stato certamente ispirato dalla stampa Prevedari (1481), l’incisione realizzata da Bernardo Prevedari su disegno di Donato Bramante: l’edificio rappresentato, a pianta centrale con cappelle angolari, mostra nel braccio della crociera una volta aperta con quattro oculi prospetticamente scorciati. Risulta importante sottolineare la prossimità cronologica tra la realizzazione dell’incisione e la presunta data di inizio dei lavori di decorazione della volta di Caselle: Francesco Eustachi era una personalità ben inserita nella società ducale di fine XV secolo ed è quindi più che ragionevole che sia venuto ben presto a conoscenza dell’incisione su disegno di Bramante.
fig. 5 |
Volta del secondo ambiente al pianterreno. |
Per quanto riguarda le maestranze attive nel cantiere architettonico della domus di Francesco Eustachi, è sempre stato indicato Iacopo de Candia come autore del nuovo edificio. Noto attraverso i documenti come magister a muro et lignaminis , il testamento del protonotario lega a questa figura la cifra di venti libbre imperiali pro operibus factis in presenti domo Caxellarum. Sebbene il pagamento risulti di modesta entità, questo documento testimonia il coinvolgimento nel cantiere di Caselle di un personaggio che nel 1487 è coinvolto nei restauri della basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, mentre l’anno seguente è citato con Donato Bramante, Giovanni Antonio Amadeo, Cristoforo de Rocchi, Bartolomeo da Castronovo e Martino Fugazza nell’atto per la realizzazione di un nuovo progetto per il Duomo di Pavia.
fig. 6 |
Giovinetto a cavallo di un drago |
BIBLIOGRAFIA
(1). L. Giordano, Ditissima Tellus. Ville quattrocentesche tra Po e Ticino, “Bollettino della Società pavese di storia patria”, 40, 1988, pp. 144-295.
(2). L. Rossi, La flotta sforzesca nel 1448-49, “Bollettino della Società pavese di storia patria”, XII, 1912, pp. 3-66; L. Rossi, Gli Eustachi di Pavia e la flotta viscontea e sforzesca nel secolo XV, “Bollettino della Società pavese di storia patria”, XIV, 1914, pp. 30-70; 147-193; 362-400; XV, 1915, pp. 155-227; XXIV, 1924, pp. 27-100; XXV, 1925, pp. 33-84; XXVII, 1927, pp. 17-72; XXVIII, 1928, pp. 253-287. Un’altra preziosa fonte di notizie sulla famiglia Eustachi è il regesto documentario manoscritto di Carlo Marozzi, arricchito dall’albero genealogico corredato dallo stemma degli Eustachi, oggi conservato a Pavia presso la Civica Biblioteca Bonetta: ASCPv, Legato Marozzi, Schedario nobiliare, 434.
(3). G. Lubkin, A Renaissance Court. Milano under Galeazzo Maria Sforza, Berkeley 1994, pp. 92-93.
(4). L. Rossi, Francesco degli Eustachi: Protonotario Apostolico, Consigliere Ducale, Senatore (1415-1488), “Bollettino della Società pavese di storia patria”, XXXIII, 1933, p. 262; M. Merlo, Castelli, rocche, case-forti, torri della provincia di Pavia, vol. 1, Pavia 1971, p. 7; L. Giordano, Caselle, in Pavia. Architetture dell’età sforzesca, a cura di A. Peroni, M.G. Albertini Ottolenghi, D. Vicini, L. Giordano, Torino 1978, pp. 215-216; Giordano 1988, p. 248; F. Fagnani, Il protonotario apostolico Francesco degli Eustachi e la villa di Caselle Lomellina. Inventario dell’arredo e della biblioteca (1487), “Bollettino della Società pavese di storia patria”, XLIII, 1991, p. 25; A. Del Giudice, Intonaci dipinti e graffiti a Pavia tra la fine del XIV e l’inizio del XVI secolo, “Bollettino della Società pavese di storia patria”, XLVI, 1994, pp. 97-136.
(5). E. Rossetti, L’incompiuto palazzo del castellano Filippo Eustachi in porta Vercellina (1485-89), «Archivio Storico Lombardo», 131-132, (2005-2006), pp. 431-461; R. V. Schofield, Bramante dopo Malaguzzi Valeri, “Arte lombarda”, 167, I, 2013, pp. 5-51; R. Martinis, Repression and a Paper Trail in Milan: The Palazzo of Filippo Eustachi at Porta Vercellina, “San Rocco”, 11, 2015, pp. 71-82; R. V. Schofield, Bramante and the Palazzo Eustachi, in Courts and Courtly Cultures in Early Modern Italy and Europe. Models and Languages, a cura di S. Albonico e S. Romano, Roma 2016, pp. 261-287; R.V. Schofield, Bramante milanese: collisioni di culture architettoniche?, atti del convegno Bramante e l’architettura lombarda del Quattrocento (Milano, 28-29 ottobre 2014), “Arte Lombarda”, 1-2, 2016, pp. 7-15.
(6). N. Righi, Una nuova attribuzione al Bergognone giovane, “Arte cristiana”, LXXXIV, 1996, pp. 477-479; N. Righi, Proposte per una cronologia, in Ambrogio da Fossano detto il Bergognone. Un pittore per la Certosa, catalogo della mostra (Pavia, Castello Visconteo e Certosa di Pavia, 4 aprile-30 giugno 1998) a cura di G. C. Sciolla, Milano 1998, pp. 123-137; L. Torti, Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, s.l. 2001?!; El Renacimiento Mediterraneo. Viajas de artistas e itinerarios de obras entre Italia, Francia y Espana en el siglo XV, catalogo della mostra (Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza, 31 gennaio-6 maggio 2001, a cura di M. Natale, Madrid-Valencia 2001, pp. 432-437; M. Ceriana, Osservazione sulle architetture plastiche o dipinte a Milano tra il 1470 e il 1520, in Bramante milanese e l’architettura del Rinascimento lombardo, a cura di C. L. Frommel, L. Giordano e R. V. Schofield, Venezia 2002, pp. 111-146.