Proverbi Popolari sull’acqua


Il professor Marco Savini, in sintonia e in sinergia con il titolo del Convegno e degli Atti sulla fluidità ed evanescenza dei dialetti (Vigevano 2023), propone i risultati di una sua ricerca sul campo dal titolo “Proverbi popolari sull’acqua. Un repertorio paremiologico lomellino”.

La finalità del suo lavoro è chiara: “[…] offrire al pubblico e agli esperti uno spunto per confermare nel tempo e nello spazio questo patrimonio comune e, contemporaneamente, dare un saggio di diversi dialetti locali […] di dar voce, letteralmente, a chi possiede o possedeva una valida competenza attiva del dialetto”.

Marco Savini sa che il proverbio assume un significato solo in uno specifico e naturale contesto: ecco perché la sua fissazione su nastro magnetico non è appagante: per i primi due informatori ha preferito l’espediente di utilizzare la lettura e il commento di loro precedenti scritti.

Del primo informatore, Luciano Travaglino (1930-2021) di Gravellona Lomellina, l’autore fa notare la a turbata e l’imperfetto e l’infinito della prima coniugazione in -è- ed -éva- (Gravellona Lomellina è località prossima verso nord al confine piemontese della provincia di Novara, n.d.r.). I proverbi enunciati da Travaglino sono sempre relativi all’acqua, anche quando la parola non viene citata. Ma la serie di proverbi riportati sottende una meteorologia contadina che fiuta l’aria e l’ambiente come un cane da caccia, conosce il cielo, l’alone della luna, così come le nuvole e il significato della loro variabile comparsa nell’arco della giornata, al fine di ricavarne indicazioni meteorologiche sulla pioggia, la sua durata, la sua stagionalità, come profezia di disastri o di benefici per l’umanità. L’uomo che emerge man mano dal possesso e dall’uso dei proverbi sull’acqua è un uomo (molto più frequentemente che donna), fortemente legato alla natura, da essa dipendente e dalle sue manifestazioni, che interpreta traendone previsioni: è un divinatore dell’acqua, delle nuvole e della pioggia; della luna e del tempo meteorologico, di cui è rilevatore e decodificatore non solo a fini pratici, ma talvolta con inaspettati esiti gnomici: “Var püsè la piöva la so stagiòn che la caròsa o l’tìśor del faraòn”.

Interessante nei proverbi riportati da Travaglino l’effetto curativo e magico dell’acqua, soprattutto corrente, anche per malattie della pelle, con riferimento salvifico corporale, spirituale e senz’altro apotropaico: “aqua curìa ciapa al me mal e portal via”.

Carlo Arrigone (1935-), il secondo intervistato, parla un lomellinese centro-occidentale dei dintorni di Mortara, caratterizzato dalla finale -a- dell’infinito della prima coniugazione e dall’imperfetto -ava-.

Arrigone intercala nell’intervista il dialetto con l’italiano, usando quindi due registri per la sintesi dell’essenza del vivere contadino. La saggezza contadina sembra epitomizzata da: “Cämp d’in tèsta, dòna in fésta e pra cun la rúsà i ̔n trist da giüdicà”, o dal profondo, materiale e icastico: “Al pà’n d’un dì, äl vin d’un an e ̔na dona ad disdòt an”.

Battista Colli (1919-2017) è stato per Marco Savini l’informatore più anziano, con il dialetto più conservativo.

Informatore di Cilavegna, nord ovest della Lomellina, dice còʃt, e forma il negativo con nonta. Ricordava tutti i proverbi a memoria, noto (non a caso, n.d.r.) come meteorologo del suo paese. Con Battista Colli si ritorna a proverbi relativi ai mesi, alle stagioni, alla pioggia, all’acqua e al sole rovente, alla meteorologia, ai raccolti: “gennaio… spulverent al fa tanta ségla e furmént”, oppure “l’aqua ad febrè l’impinissa al granè”. Talvolta il proverbio meteorologico ha scarsissime probabilità di azzeccare la previsione, come in: “Nadal sparlón Caralvè tisón” (“Natale soleggiato, Carnevale gelato”).

Piero Corsico Piccolino (1947-), di Vigevano, pescatore, allevatore, apicultore, parla un dialetto vigevanese quasi completamente privo di nasalizzazione, diverso dal lomellinese centrale: scarsissime le a turbate, frequente passaggio della o chiusa a u; specialistico lessico per pesca, flora, attrezzistica, diverso dall’italiano.

L’acqua, per Corsico Piccolino, è quella del fiume, e per eccellenza quella del Ticino, il medium naturale del pesce, lungo le cui rive si sviluppano la cultura e il lavoro, come si può evincere da: “Té sü Tiśín t’è mai piantà né ciaplón, né faśö burlìn” (“Tu sulle rive del Ticino non hai mai piantato né fagioli del papa, né borlotti”, perciò la morale è non darti arie inutili).